Adottato e benvoluto a Catanzaro: ma Yayà soffre pensando ai suoi bambini lontani in Senegal
Confessioni a cuore aperto di un giovane sudafricano che in Calabria ha trovato la sua giusta dimensione e nel capoluogo di regione è riuscito a stabilizzarsi trovando pure tanti amici
Si può essere anche perfettamente integrati, pur avendo la pelle scura, ma la nostalgia del paese natio rimane un vincolo inestinguibile. E' quanto traspare dalla storia di Yayà, quarantenne senegalese che da ben 18 anni vive e lavora a Catanzaro dov’ è apprezzato e ben voluto.
«Quando sono arrivato qua, andavo sulle spiagge per a vendere – dice al nostro Network LaC – ma avevo un po' di difficoltà perché non è un lavoro che mi piaceva fare. Poi ho conosciuto il signor Greco (che oggi non c’è più) di Catanzaro Lido, lui non sapeva che sono falegname.
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Ricevuta tanta accoglienza
Appena arrivato da lui per altro ho chiesto i materiali necessari dicendo che potevo fare tutte le riparazioni. Dopo avergli fatto un lavoro perfetto, come voleva lui, mi ha chiesto dove io abitassi. Gli ho risposto che mi trovavo a Davoli e da quel momento mi ha offerto di andare a casa sua, mi ha dato una stanza. Così ho trovato pure il permesso di soggiorno e mi sono sentito subito in famiglia».
Ma per un africano trapiantato in Europa, dopo aver girato tanti altri posti, il macigno più grande con cui fare i conti potrebbe essere la discriminazione razziale.
«E’ un problema che c’è dovunque, tra i bianchi ma anche da parte dei neri. Ma la cosa principale per me – dice con grande dignità – è il rispetto personale, perché come lavoratore mi devi dare rispetto, ancora di più se lavoro per bene».
Quante volte non l’ha avuto questo rispetto?
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«Ho quasi sempre trovato gente per bene qui – risponde Yayà – a volte anche di più come Christian e Tonino. Ma c’è sempre qualche ‘pecora nera’ che pensa di sfruttarti, come un imprenditore delle olive che ancora oggi non risponde al telefono pur sapendo che mi deve i soldi del mio lavoro. Per fortuna in Italia ci sono anche le tutele adeguate per questi casi».
Voglia di tornare
Il mare bello c'è anche qui, la gente è accogliente, ma con una moglie e due bambini cui parla per mesi solo in video-chiamata, il giovane immigrato ha un sogno ben preciso.
«La verità è che voglio tornare, però ci sto pensando – risponde dopo un sospiro e qualche istante di riflessione Yayà – non so dire oggi o domani, però ci sto pensando sempre di più, per avvicinarmi ai miei bambini, perché mi mancano sempre tanto»